leggende orientali – COME IL FIGLIO DEL RAJA CONQUISTO’ LA PRINCIPESSA LABAM

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Racconto popolare indiano

Tradotta da Dario55

Come il figlio del Raja conquistò la principessa Labam

In un paese c’era un Raja che aveva un unico figlio, il quale ogni giorno usciva a caccia. Un giorno la Rani, sua madre, gli disse:
«Puoi cacciare dove vuoi su questi tre lati, ma non devi mai avvicinarti al quarto lato».
Disse questo, poiché sapeva che se si fosse avvicinato al quarto lato, avrebbe udito parlare della bella principessa Labam e avrebbe lasciato il padre e la madre per andare in cerca della principessa.
Il giovane principe ascoltò la madre e le obbedì per un certo tempo, ma un giorno, mentre era a caccia lungo i tre lati in cui gli era permesso andare, ricordò quanto gli aveva detto la madre sul quarto lato e decise di andare a vedere perché gli aveva proibito di cacciare proprio lì. Una volta giuntovi, si trovò in una giungla completamente disabitata, a parte un gran numero di pappagalli. Il giovane Raja tirò ad alcuni di loro, e subito quelli volarono tutti via nel cielo. Tutti, meno uno, che era il loro Raja e si chiamava pappagallo Hiraman.
Quando il pappagallo Hiraman si accorse di essere stato lasciato solo, chiamò gli altri pappagalli:
«Non volate via e non lasciatemi solo, quando il figlio del Raja sta tirando contro di noi. Se mi abbandonate così, lo dirò alla principessa Labam».
Allora i pappagalli tornarono in volo dal loro Raja, chiacchierando tra loro. Il principe fu molto meravigliato e disse:
«Perbacco! Questi uccelli possono parlare!» Poi chiese ai pappagalli: «Dove si trova la principessa Labam? Dove vive?»
Ma i pappagalli non volevano dirgli dove viveva la principessa.
«Non riuscirai mai a raggiungere il paese della principessa Labam». Solo questo rispondevano.
Il principe si rattristò molto, perché i pappagalli non volevano dirgli nient’altro, gettò via le armi e tornò a casa. Quando arrivò a casa, rifiutò di parlare e di mangiare, si distese sul letto per cinque giorni e dava l’impressione di essere molto malato.
Infine disse al padre e alla madre che aveva l’intenzione di andare a vedere la principessa Labam.
«Devo andare», disse. «Devo vedere che aspetto ha. Ditemi dov’è il suo paese».
«Non sappiamo dov’è», risposero il padre e la madre.
«Allora devo andare a cercarlo», disse il principe.
«No, no», dissero i genitori, «non devi abbandonarci. Sei il nostro unico figlio. Rimani con noi. Non troverai mai la principessa Labam».
«Devo tentare di trovarla», disse il principe. «Forse gli dei mi mostreranno il cammino. Se sopravvivo e la trovo, tornerò da voi; ma forse morirò, e così non potrò mai più rivedervi. Ma devo andare».
E così dovettero lasciarlo partire, anche se piansero molto quando dovettero separarsi da lui. Il padre gli diede splendidi vestiti e un eccellente cavallo. Il principe prese le sue armi, l’arco e le frecce, insieme a molte altre armi, «perché» disse «potrei averne bisogno». Il padre, infine, gli diede una grande quantità di rupie.
Il principe preparò il cavallo per il viaggio e disse addio al padre e alla madre, che prese il proprio fazzoletto, vi avvolse un po’ di dolciumi e lo diede al figlio.
«Figlio mio», gli disse, «quando avrai fame, mangia un po’ di questi dolci».
Poi il principe si mise in viaggio e proseguì fino a quando giunse a una giungla in cui c’era una cisterna e alberi ombrosi. Fece il bagno a sé e al cavallo nella cisterna, poi sedette sotto un albero.
“Ora”, disse tra sé, “mangerò un po’ dei dolci che mi ha dato mia madre, berrò un po’ d’acqua e poi riprenderò il viaggio”.
Aprì il fazzoletto e tirò fuori un dolce. Nel dolce trovò una formica. Allora ne tirò fuori un altro. C’era una formica anche in questo. Allora posò a terra i due dolci e ne prese un altro, e un altro e un altro ancora, fino a quando li ebbe tirati fuori tutti; ma in ciascuno di essi trovò una formica.
«Non importa», disse, «non mangerò i dolci, se li mangeranno le formiche».
Allora arrivò il Raja delle formiche, si fermò davanti a lui e disse:
«Sei stato buono con noi. Se mai ti trovassi in difficoltà, pensa a me, e io verrò da te».
Il figlio del Raja lo ringraziò, salì a cavallo e proseguì il suo viaggio. Cavalcò e cavalco, fino a quando giunse in un altra giungla, dove vide una tigre che aveva una spina nella zampa e stava ruggendo forte per il dolore.
«Perché ruggisci così», chiese il giovane Raja. «Che ti succede?»
«Ho una spina nella zampa», rispose la tigre, «e mi fa un male terribile, ecco perché ruggisco».
«Ebbene», disse il figlio del Raja, «te la toglierò. Ma ho paura, visto che sei una tigre, che dopo che ti avrò guarita, tu mi mangerai».
«No, no», disse la tigre, «non ti mangerò. Guariscimi».
Allora il principe prese dalla tasca un coltellino ed estrasse la spina dalla zampa della tigre. Ma quando la ebbe tolta, la tigre ruggì più forte che mai, così forte che sua moglie lo udì e uscì dagli alberi della vicina giungla e si avvicinò a balzi per vedere cosa stava succedendo. La tigre la vide arrivare e nascose il principe tra gli alberi, perché lei non potesse vederlo.
«Quale uomo ti fa tanto male da farti ruggire così forte?» chiese la moglie.
«Nessuno mi fa del male», rispose il marito, «anzi, è arrivato il figlio di un Raja e mi ha tolto una spina dalla zampa».
«Dov’è? Fammelo vedere», disse la moglie.
«Se prometti di non ucciderlo, lo chiamerò», disse la tigre.
«Non voglio ucciderlo, fammelo solo vedere», assicurò la moglie.

la principessa Labam
La principessa Labam

Allora la tigre chiamò il figlio del Raja, e quando questi arrivò, la tigre e la moglie lo onorarono con molti profondi inchini. Poi gli offrirono un buon pasto, e lui rimase con loro per tre giorni. Ogni giorno controllava la zampa della tigre, e il terzo giorno era quasi guarita. Allora si congedò dalle due tigri, e quella che aveva aiutato gli disse:
«Se mai ti trovassi in difficoltà, pensa a me, e io verrò da te».
Il figlio del Raja cavalcò e cavalcò, fino a quando giunse in una terza giungla. Qui trovò quattro fachiri, il cui maestro e guida era morto e aveva lasciato quattro oggetti: un letto, che trasportava chiunque gli si sedesse sopra in qualsiasi luogo desiderasse andare; un sacchetto, che procurava al suo padrone qualsiasi cosa desiderasse: gioielli, cibo o abiti; una tazza di pietra, che forniva al suo padrone tutta l’acqua che voleva, non importa a quale distanza si trovasse dalla fonte; e un bastone con una fune, a cui bastava che il padrone dicesse, se qualcuno si avvicinava per aggredirlo: “Bastone, colpisci tutti gli uomini e i soldati che sono qui”, perché il bastone li colpisse e la fune li legasse.
I quattro fachiri stavano litigando per quei quattro oggetti. Uno diceva: «Voglio questo»; un altro diceva: «Non puoi averlo, perché lo voglio io», e così via.
Il figlio del Raja disse loro:
«Non litigate per questi oggetti. Scaglierò quattro frecce in quattro diverse direzioni. Quello di voi che mi riporterà la prima freccia, avrà il primo oggetto, il letto. Quello che mi riporterà la seconda freccia, avrà il secondo oggetto, il sacchetto. Quello che mi riporterà la terza freccia, avrà il terzo oggetto, la tazza. E quello che mi riporterà la quarta freccia, avrà l’ultimo oggetto, il bastone con la fune».
I quattro furono d’accordo, e il principe scagliò la prima freccia. I fachiri corsero via per ricuperarla. Quando gliela riportarono, scagliò la seconda freccia, e quando l’ebbero trovata e riportata, scagliò la terza, e quando gliela ebbero riportata, scagliò la quarta.
Mentre erano lontani per cercare la quarta freccia, il figlio del Raja lasciò liberò il suo cavallo nella giungla e sedette sul letto, prendendo con sé la tazza, il bastone con la corda e il sacchetto.
Poi disse: «Letto, voglio andare nel paese della principessa Labam».
Subito il letto si sollevò nell’aria e cominciò a volare e volò e volò, fino a quando giunse nel paese della principessa Labam, dove si posò a terra. Il figlio del Raja chiese ad alcuni uomini che si trovavano lì:
«Che paese è questo?»
«Il paese della principessa Labam», risposero quelli.
Allora il principe camminò fino a quando giunse a una casa davanti alla quale sedeva una vecchia.
«Chi sei?» chiese la vecchia. «Da dove vieni?»
«Vengo da un paese lontano», rispose lui, «permetti che rimanga qui stanotte».
«No», rispose lei, «non posso permettere che tu rimanga qui, perché il nostro re ha ordinato che gli uomini di altri paesi non possono rimanere nel suo paese. Non puoi fermarti nella mia casa».
«Ti prego, nonnina», disse il principe, «permetti che rimanga qui questa notte. Come vedi si fa sera, e se vado nella giungla, gli animali feroci mi divoreranno».
«E va bene», disse la vecchia, «puoi rimanere qui per stanotte, ma domani mattina dovrai andartene, perché se il re viene a sapere che hai passato la notte in casa mia, mi farà arrestare e mi getterà in prigione».
Poi lo portò in casa, e il figlio del Raja fu molto contento. La vecchia cominciò a preparare la cena, ma il principe la fermò e disse: «Aspetta, ti darò io il cibo». Infilò la mano nel sacchetto dicendo: «Sacchetto, voglio da mangiare», e subito il sacchetto gli fornì una cena squisita, servita su due vassoi d’oro. La vecchia e il figlio del Raja cenarono insieme.
Quando ebbero finito di mangiare, la vecchia disse: «Adesso vado a prendere un po’ d’acqua».
«Non andare», disse il principe. «Avrai subito tutta l’acqua che vuoi». Prese la tazza e le disse: «Tazza, voglio dell’acqua», e la tazza si riempì d’acqua. Quando fu piena, il principe disse: «Fermati, tazza», e la tazza smise di riempirsi. «Vedi, vecchia», disse il principe, «con questa tazza posso avere sempre quanta acqua desidero».
Nel frattempo si era fatto buio.
«Nonnina», disse il figlio del Raja, «perché non accendi una lampada?»
«Non ce n’è bisogno», rispose lei. «Il nostro re ha proibito alla gente di questo paese di accendere lampade, perché, non appena fa buio, la principessa Labam esce e va a sedersi sul tetto del palazzo, e brilla tanto da illuminare tutto il paese e le nostre case, così che possiamo svolgere le nostre attività come se fosse pieno giorno».
Quando ormai era quasi notte fonda, la principessa si alzò, si abbigliò con i suoi ricchi abiti e gioielli, arrotolò i capelli e legò intorno alla testa un nastro di perle e diamanti. Poi incominciò a brillare come la luna, e la sua bellezza illuminò la notte come se fosse giorno. Uscì dalla sua stanza e sedette sul tetto del palazzo. Durante il giorno non usciva mai di casa, usciva solo di notte. Allora tutta la gente del regno di suo padre metteva mano al proprio lavoro e lo terminava.
Il figlio del Raja osservava in silenzio la principessa ed era molto felice. “Com’è bella!”, ripeteva tra sé.
A mezzanotte, quando tutti erano andati a dormire, la principessa scese dal tetto e tornò in camera; quando fu addormentata, il figlio del Raja si alzò silenziosamente e sedette sul proprio letto.
«Letto», gli disse, «voglio andare nella stanza dove dorme la principessa Labam».
Allora il letto lo trasportò nella stanza in cui dormiva la principessa».
Il giovane Raja prese il sacchetto e disse: «Voglio una grande quantità di foglie di betel», e subito il sacchetto gli diede una grande quantità di foglie di betel. Le stese accanto al letto della principessa, dopodiché il piccolo letto lo riportò alla casa della vecchia.
Il mattino seguente, tutti i servitori della principessa trovarono le foglie di betel e cominciarono a mangiarle.
«Dove avete preso tutte quelle foglie di betel?» chiese la principessa.
«Le abbiamo trovate vicino al tuo letto», risposero i servitori. Nessuno sapeva che il principe era arrivato durante la notte e le aveva messe lì.
Quella mattina la vecchia andò dal figlio del Raja.
«È mattina», disse, «e devi andartene, perché se il re scopre tutto quello che ho fatto per te, mi farà arrestare».
«Sono malato, oggi», disse il principe. «Permetti che rimanga qui fino a domani mattina».
«E va bene», disse la vecchia.
Così rimase, ed estrasse nuovamente la cena dal sacchetto, mentre la tazza fornì loro l’acqua.
Quando scese l’oscurità, la principessa si alzo e sedette sul tetto, e a mezzanotte, quando tutti erano a letto, tornò nella sua stanza e ben presto si addormentò.
Allora il figlio del Raja sedette sul suo letto, che lo trasportò dalla principessa. Prese il sacchetto e disse: «Sacchetto, voglio un bellissimo scialle». Il sacchetto gli fornì uno splendido scialle, e il principe lo distese sopra la principessa, mentre giaceva addormentata. Poi fece ritorno alla casa della vecchia e dormì fino al mattino.
Al mattino, quando la principessa vide lo scialle, ne fu contentissima.
«Guarda, madre», disse, «Khuda deve avermi dato questo scialle, è così bello».
Anche la madre era molto contenta.
«Sì, figlia mia», disse. «Questo splendido scialle deve essere un dono di Khuda».
Quando fu mattina, la vecchia disse nuovamente al figlio del Raja: «Adesso devi proprio andartene».
«Non mi sento ancora abbastanza bene», replicò lui. «Fammi rimanere ancora qualche giorno. Me ne starò nascosto in casa tua, in modo che nessuno possa vedermi».
E così la vecchia li permise di rimanere.
Quando fu notte fonda, la principessa indossò i suoi bei vestiti e i gioielli e sedette sul tetto. A mezzanotte tornò nella sua stanza e si addormentò. Allora il figlio del Raja sedette sul suo letto e volò fino alla stanza della principessa. Qui giunto, disse al sacchetto: «Sacchetto, voglio il più splendido degli anelli» Il sacchetto gli fornì un anello stupendo. Allora il principe prese delicatamente la mano della principessa Labam per infilarle al dito l’anello, ma lei si svegliò molto spaventata.
«Chi sei?» chiese al principe. «Da dove vieni? Perché sei entrato nella mia stanza?»
«Non aver paura, principessa», rispose il principe. «Non sono un ladro. Sono il figlio di un grande Raja. Il pappagallo Hiraman, che vive nella giungla dove andavo a caccia, mi ha detto il tuo nome, e io ho abbandonato mio padre e mia madre per venire a vederti».
«Bene», disse la principessa, «dal momento che sei il figlio di un così grande Raja, non dovrò ucciderti e dirò a mio padre e mia madre che voglio sposarti».
Allora il principe tornò alla casa della vecchia, e quando fu mattina la principessa disse alla madre:
«Il figlio di un grande Raja è venuto in questo paese e vuole sposarmi».
La madre lo disse al re.
«Bene», disse il re, «ma se questo figlio di Raja vuole sposare mia figlia, deve prima fare tutto quello che gli ordinerò. Se fallisce, lo ucciderò. Gli darò quaranta chili di semi di senape e dovrà spremerne l’olio in un solo giorno. Se non riuscirà a farlo, morirà».
Il mattino dopo, il figlio del Raja disse alla vecchia che aveva intenzione di sposare la principessa.
«Oh!» esclamò la vecchia. «Vattene da questo paese e non pensare di sposarla. Moltissimi grandi Raja e figli di Raja sono venuti qui per sposarla, e suo padre li ha fatti uccidere tutti. Egli dice che chiunque vuole sposare sua figlia deve prima fare tutto quello che gli ordina. Se ci riesce, potrà sposare la principessa; se non ci riesce, il re lo farà uccidere. Ma nessuno riesce a eseguire gli ordini del re, e così tutti i Raja e i figli di Raja che hanno tentato, sono stati messi a morte. Sarai ucciso anche tu, se affronti la prova. Quindi vattene«.
Ma il principe non volle ascoltare una sola parola della vecchia.
Il re mandò a chiamare il principe alla casa della vecchia, e i servitori portarono il figlio del Raja al palazzo reale. Qui il re gli diede quaranta chili di semi di senape e gli ordinò di spremerne l’olio in un giorno e di portarlo a palazzo il giorno seguente.
«Chiunque vuole sposare mia figlia», disse al principe, «deve prima fare tutto quello che gli ordino. Se non ci riesce, lo farò uccidere. Perciò, se non riuscirai a spremere l’olio da questi semi di senape, morirai».
All’udire ciò, il principe fu molto dispiaciuto. “Come posso ricavare l’olio da questi semi di senape in un solo giorno?” disse tra sé. “E se non ci riesco, il re mi farà uccidere”.
Portò i semi di senape alla casa della vecchia, senza sapere che fare. Poi si ricordò del Raja delle formiche e fece quello che gli aveva detto, e le formiche arrivarono da lui.
«Perché sei così triste?» chiese il Raja delle formiche.
Il principe gli mostrò i semi di senape e gli disse:
«Come faccio a spremere l’olio da tutti questi semi di senape in un solo giorno? E se non gli porterò l’olio domani mattina, il re mi farà uccidere».
«Stai allegro», disse il Raja delle formiche, «e vai pure a dormire; spremeremo noi l’olio in un giorno, e domani mattina lo porterai al re».
Il figlio del Raja andò a letto e si addormentò, mentre le formiche spremevano l’olio per lui. Il principe fu contentissimo quando vide l’olio.
Il mattino dopo tornò a palazzo e lo portò al re. Ma il re disse:
«Non puoi ancora sposare mia figlia. Se la vuoi sposare, devi prima combattere con i miei due demoni e ucciderli».
Molto tempo prima il re aveva catturato due demoni e, non sapendo che fare di loro, li aveva chiusi in una gabbia. Aveva paura di lasciarli liberi, perché temeva che avrebbero mangiato tutta la gente del paese, e nello stesso tempo non sapeva come ucciderli. Per questo tutti i re e i figli di re che volevano sposare la principessa Labam dovevano combattere con questi demoni, “perché”, pensava il re, “forse i demoni possono essere uccisi, e così mi libererò di loro”.
Quando seppe dei demoni, il figlio del Raja si rattristò molto.
“Che posso fare?” si chiese. “Come posso combattere con questi due demoni?” Allora pensò alla tigre, e la tigre arrivò con la moglie e chiese:
«Perché sei così triste?»
«Il re mi ha ordinato di combattere con questi due demoni e di ucciderli», rispose. «Come posso farlo?».
«Non aver paura», disse la tigre. «Stai allegro. Io e mia moglie combatteremo con loro al posto tuo».
Allora il figlio del Raja estrasse dal sacchetto due splendidi mantelli. Erano tutti d’oro e d’argento e tempestati di perle e diamanti. Li mise sulle tigri per renderle belle, le portò dal re e gli disse:
«Queste tigri possono combattere con i tuoi demoni al posto mio?».
«Sì», disse il re, al quale tutto sommato non importava chi avrebbe ucciso i demoni, purché fossero uccisi.
«Allora fai venire i tuoi demoni», disse il figlio del Raja, «e queste tigri combatteranno con loro».
Il re lo fece, e le tigri e i demoni combatterono a lungo, fino a quando le tigri ebbero ucciso i demoni.
«Molto bene», disse il re. «Ma c’è ancora una cosa che devi fare, prima che io ti dia mia figlia. In alto nel cielo ho un grande tamburo. Devi andare là e suonarlo. Se non ci riuscirai, ti farò uccidere».
Il figlio del Raja pensò al suo lettino, tornò a casa della vecchia e vi si sedette. «Lettino», disse, «in alto nel cielo c’è il tamburo del re. Voglio raggiungerlo».
Il letto volò in alto con lui, il figlio del Raja suonò il tamburo, e il re lo udì. Però, quando ridiscese, il re non volle ancora dargli sua figlia.
«Hai fatto le tre cose che ti ho ordinato di fare», disse al principe, «ma devi fare ancora una cosa».
«Se ne sarò in grado, la farò», disse il figlio del Raja.
Allora il re gli mostrò il tronco di un albero che giaceva a terra davanti al palazzo reale. Era un tronco molto molto grosso. Il re diede al principe un’ascia di cera e disse:
«Domattina devi aver tagliato in due questo tronco con questa ascia».
Il figlio del Raja tornò alla casa della vecchia. Era molto triste, e pensava che questa volta il re lo avrebbe sicuramente fatto uccidere.
“Le formiche mi hanno spremuto l’olio”, pensava. “Le tigri hanno ucciso i demoni al posto mio. Il mio letto mi ha aiutato a suonare il tamburo in cielo. Ma adesso come faccio? Come posso tagliare in due quel tronco con un’ascia di cera?”
Durante la notte andò a trovare la principessa servendosi del suo letto. «Domani», le disse, «tuo padre mi farà uccidere».
«Perché?» chiese la principessa.
«Mi ha ordinato di tagliare in due un grosso tronco con un’ascia di cera. Come posso mai fare una cosa del genere?» disse il figlio del Raja.
«Non aver paura», disse la principessa, «fai come ti dico, e lo taglierai in due con la massima facilità».
Poi si strappò un capello e lo diede al principe:
«Domani, quando non ci sarà nessuno vicino a te, dovrai dire al tronco: “La principessa Labam ti ordina di farti tagliare in due da questo capello”. Poi stendi il capello sul filo della lama dell’ascia di cera».
Il giorno seguente il principe fece esattamente quello che gli aveva detto la principessa, e non appena il capello steso sul filo della lama dell’accetta di cera ebbe sfiorato il tronco, questo si divise in due parti.
Allora il re disse:
«Adesso puoi sposare mia figlia».
E le nozze furono celebrate. Tutti i Raja e i re dei paesi confinanti furono invitati, e ci furono grandi festeggiamenti.
Dopo qualche giorno, il principe disse alla moglie:
«Andiamo al paese dei miei genitori».
Il padre della principessa Labam diede loro un gran numero di cammelli e cavalli e moltissime rupie e servitori, ed essi arrivarono in pompa magna nel paese del principe, dove vissero felici.
Il principe conservò sempre il sacchetto, la tazza, il letto e il bastone, ma nessuno gli dichiarò mai guerra e non ebbe mai bisogno di usare il bastone.

NOTE

Testo originale in:
http://worldoftales.com/Asian_folktales/Indian_folktale_2.html
Illustrazioni in:
http://www.gutenberg.org/files/7128/7128-h/7128-h.htm

Online da: Dicembre 2013

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