leggende orientali – IL CAVALLUCCIO DI LEGNO

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Racconto popolare uiguro (Cina)

Tradotta da Dario55

Il cavalluccio di legno

Un falegname e un fabbro avevano una discussione. Ciascuno dei due pretendeva di essere più abile dell’altro. Chi era realmente il più abile tra loro? Discussero a lungo la questione senza arrivare a una conclusione. Infine decisero di comune accordo:
«Andiamo da re e chiediamo a lui di giudicare».
Quindi si recarono dal re, che chiese loro:
«Perché siete venuti qui?»
«Sono un falegname», disse il primo. «E i miei manufatti dimostrano più abilità di quelli di qualsiasi altro falegname al mondo. Ma lui ha detto che non posso eguagliare la sua bravura».
Il fabbro disse:
«Chiunque vede i miei lavori, li loda. Ma lui insiste nel dire che la mia abilità è inferiore alla sua».
«Vorremmo che Vostra Maestà sia nostro giudice e ci dica quale delle due abilità è veramente la più alta», supplicarono i due.
Questo mise il re in una posizione difficile.
«Come posso formulare un giudizio senza vedere nemmeno una delle vostre opere?» disse. «Vi concedo dieci giorni. In questo periodo ciascuno di voi due dovrà creare un esempio del suo lavoro e portarlo qui da me».
I due tornarono a casa, e ciascuno dei due si pose all’opera per eseguire il proprio compito. Dieci giorni dopo tornarono dal re. Il fabbro portò con sé un enorme pesce di ferro.
«Cosa può fare questo pesce?» chiese il re.
Il fabbro rispose:
«Questo pesce di ferro può galleggiare sul mare caricato con centomila sacchi di grano».
Queste parole fecero ridere di cuore il re.
“Costui perderà sicuramente”, disse tra sé. “Decisamente questo ferro pesante affonderà quando sarà messo nell’acqua. Come fa a galleggiare? Comunque, lo caricheremo con centomila sacchi di grano e vedremo che succederà”.
Su suo ordine, il pesce di ferro fu varato. Cosa strana, procedeva attraverso l’acqua velocemente e senza dare il minimo segno di goffaggine. Questo fece molta impressione sugli spettatori. Anche il re fu molto impressionato e promise addirittura al fabbro un incarico ufficiale. In seguito lo nominò effettivamente custode di uno dei suoi quartieri.
Il falegname arrivò con un cavalluccio di legno gettato sulle spalle. Quando lo vide, il re assunse un’espressione seccata:
«Questo non è altro che un giocattolo per bambini. Come può reggere il confronto con il pesce di ferro?»
«Oh, è molto meglio del pesce di ferro», disse il falegname. «Possiede ventisei viti. Se allenti la prima vite, il cavalluccio volerà nel cielo; se allenti la seconda vite, accelererà. Se allenti tutte le ventisei viti, volerà più veloce di qualsiasi uccello e ti trasporterà intorno al mondo».
Avvenne che il principe ereditario fosse presente mentre si parlava di questo. La sua curiosità crebbe a dismisura, quando udì che il cavalluccio di legno poteva volare. Quanto desiderava poter volare su nel cielo e guardare il mondo! Si rivolse al re e gli chiese di permettergli di fare una cavalcata.
Il re disse:
«No, è fuori questione. Sei proprio sicuro che possa veramente volare? Cosa succederebbe se mentre viaggia nel cielo, precipitasse al suolo?»
«Non temere», disse il falegname. «Non c’è alcuna possibilità che capiti mai una cosa del genere».
Il principe continuò a tormentare il padre. Dal momento che il re lo adorava e non gli aveva mai rifiutato nulla, alla fine ottenne quello che voleva.
«Ma ti permetto solo di provare», disse il re. «Devi volare lentamente e allentare solo la prima vite».
Il principe fu d’accordo e salì in groppa al cavalluccio. Allentò la prima vite, e con sicurezza il cavalluccio salì nell’aria. Il principe guardò in basso e vide tutte le cose che si muovevano sotto di lui: i monti, i fiumi, gli alberi, le città, la gente. Era così felice che cominciò ad allentare una vite dopo l’altra. Il cavalluccio di legno volava sempre più veloce, e presto gente, alberi e città sparirono alla vista. Mentre stava volando, al principe venne fame. Guardò giù e vide un’altra città sotto di lui. Allora cominciò a stringere le viti ad una ad una. Il cavalluccio di legno rallentò e un po’ alla volta atterrò. Il principe aveva del cibo con sé e si sistemò per la notte presso una locanda. Che divertimento! Arrivare così, in un batter d’occhio, in una nuova città, una città che non aveva mai visto prima.
Il giorno seguente il principe andò in visita turistica. Dopo aver passeggiato lungo varie strade, si trovò in una piazza piena di gente che guardava verso il cielo.
“Dev’esserci qualcosa di affascinante lassù in cielo”, pensò. Si fece strada a gomitate tra la folla e guardò in su, ma non c’era niente da vedere.
«Cosa state guardando?» chiese a un uomo vicino a lui.
L’uomo lo esaminò con un’occhiata e rispose:
«Il nostro re ha una principessa. Nessuna al mondo può eguagliare la sua bellezza. Il re la ama a tal punto da non volere che qualcuno la guardi. La principessa di solito abitava a palazzo, ma il re ha pensato che lì non sarebbe stata abbastanza al sicuro, quindi ha costruito un palazzo in cielo, e la principessa ora vive lì da sola. Ogni giorno, quando la corte è congedata, il re sale a vederla. È rimasto lì abbastanza a lungo, e attendiamo il suo ritorno in qualsiasi momento. Ecco perché siamo tutti qui ad aspettarlo».
Questo suonò abbastanza strano al principe.
«Non è possibile costruire un palazzo in cielo»
«Il palazzo è stato costruito da un immortale, e solo il re ci può andare», disse l’uomo.
Il principe tenne a mente queste parole. Quella notte salì sul cavalluccio di legno e volò nel cielo, dove era sicuro che uno splendido palazzo si sarebbe offerto alla sua vista. Volò direttamente fino alla porta, smontò da cavallo ed entrò. Vedendo un uomo entrare, la principessa in un primo momento lo scambiò per suo padre. Quando si accorse dell’equivoco, pensò che doveva essere un dio sceso dal cielo e si affrettò verso di lui per salutarlo.
“Che splendida ragazza!” pensò il principe.
“Che stupendo ragazzo!” pensò la principessa.
S’innamorarono al primo sguardo e senza rendersi conto di cosa stavano facendo, si gettarono l’una nelle braccia dell’altro.
La mattina seguente il principe tornò alla locanda a riprendere il cavalluccio, e più tardi in quello stesso giorno il re arrivò al palazzo come d’abitudine. La prima cosa che fece fu di pesare la principessa. Aveva l’abitudine di farlo ogni giorno, perché sapeva che una donna aumenta di peso se è stata toccata da un uomo. Quando pesò la principessa quel giorno, trovò che pesava un chilo in più del solito. Montò su tutte le furie, assunse un’espressione minacciosa e gli si rizzarono tutti i peli della barba. La gente fu molto perplessa quel giorno, perché il re fece ritorno a palazzo piuttosto presto. Vedendo che era di pessimo umore, i cortigiano si fecero avanti per chiedergli cosa lo preoccupasse. Il re disse loro cosa era successo.
«Chi mai può salire lassù all’infuori di me?» chiese, e aggiunse: «Dovete trovare un modo per catturare quell’uomo».
Uno dei cortigiani diede un suggerimento:
«Nel nostro regno abbiamo quattro potenti guerrieri. Vostra maestà può mandarli ai piedi dei quattro muri del palazzo. Quando quell’uomo tornerà, certamente lo cattureranno».
Il re pensò che era un’ottima idea. Quella sera portò su con sé i guerrieri e mostrò loro dove nascondersi e fare la guardia. Quando fu sera, il re ridiscese al suo palazzo. Ma, sfortunatamente per i suoi piani, quei guerrieri erano dormiglioni inveterati e ben presto si addormentarono ai loro posti. Il principe tornò e rimase indisturbato fino all’alba.
Quando il re tornò e pesò la principessa, scoprì che era nuovamente aumentata di peso. Non riuscì a dire una parola, tanto era infuriato.
Si rivolse a un altro cortigiano per avere un consiglio.
Il cortigiano disse:
«Perché non stendere uno strato di vernice sul letto e le sedie della principessa? Così domani cercheremo in città e chiunque abbia della vernice sui pantaloni è il nostro uomo».
Il re seguì il consiglio, e il letto della principessa, le sedie e tutti gli altri mobili furono verniciati. Alla sera tornò il principe. Sulla via del ritorno gli fu fatto notare che sui vestiti aveva delle brutte macchie di colore, così li tolse e li gettò via.
Accadde che nella città vivesse un povero vecchio che usciva di casa prima dell’alba e andava porta a porta svegliando la gente perché andasse alla moschea. Quel giorno, mentre faceva il suo giro, qualcosa cadde dal cielo. La acchiappò e vide che erano dei vestiti molto raffinati.
“È tutta la vita che servo Allah, e questa deve essere la mia ricompensa!” pensò il vecchio tra sé e portò i vestiti a casa.
Quella sera, mentre tutta la città si recava alla moschea a pregare, il re mandò in segreto il suo uomo a cercare il sospetto. Il vecchio, che stava indossando tutto contento la sua “ricompensa da Allah”, ben presto finì nei guai. Nel bel mezzo della cerimonia fu arrestato e portato dal re.
«Perché i tuoi vestiti sono sporchi di vernice?» lo interrogò il re.
Il vecchio rispose:
«Ho raccolto questi vestiti da terra, ed erano così quando li ho trovati».
Il re non credette alla sua storia e lo fece gettare in prigione perché fosse interrogato sotto tortura. Senza molta fatica riuscirono a strappargli una specie di confessione e lo condannarono a morte per impiccagione.
Tutta la città era in fermento per questa faccenda, e ciascuno era curioso di sapere chi era quell’uomo e come fossw riuscito ad arrivare nel palazzo in cielo. Quando videro quel vecchio condotto al patibolo, nessuno credette possibile che avesse fatto ciò di cui era accusato. Cominciarono a parlare del caso e furono d’accordo nell’affermare che le accuse erano false. Quando la notizia arrivò all’orecchio del principe, la sua coscienza lo spinse a intervenire. Portando tra le braccia il cavalluccio di legno, si precipitò sul luogo dell’esecuzione, dove il cappio era già stato legato attorno al collo del vecchio.
«Non impiccatelo! È innocente!» gridò il principe. «Sono io quello che è andato nel palazzo in cielo. I vestiti sporchi di vernice sono miei. Se volete impiccare qualcuno, impiccate me e lasciate andare quest’uomo!»
Il re, che stava osservando da lontano, vide che l’esecuzione si era fermata e mandò qualcuno a chiedere cosa fosse successo. Il boia gli disse:
«Un giovane si è appena fatto avanti e ha confessato il crimine. Quale dei due deve essere impiccato?»
«Impiccate quello che si è dichiarato colpevole», ordinò il re.
Così il vecchio fu liberato e tornò a casa ringraziando la sua buona stella per essersi salvato per un pelo. Il principe nel frattempo, proprio mentre il boia gli si avvicinava per legarlo e impiccarlo, salì sul cavalluccio di legno, allentò le viti e si sollevò nell’aria sotto gli occhi di tutti. Vedendo che i suoi uomini non potevano neppure sfiorare quel giovane, il re perse i sensi per la rabbia.
Il principe arrivò al palazzo in cielo e disse alla principessa:
«Il nostro amore è così profondo che non ci potremo mai separare. Ora che siamo stati scoperti da tuo padre sono sicuro che non ci permetterà di stare ancora qui. C’è una sola via d’uscita. Vieni nella mia casa. Sono certo che a mio padre piacerai».
La principessa acconsentì e disse:
«Dovunque tu vada, verrò anch’io».
I due si affrettarono fuori del palazzo e volarono via sul cavalluccio di legno. Stavano volando da parecchio tempo, quando la principessa improvvisamente esclamò:
«Ho dimenticato di portare con me le due pietre preziose che mia mamma mi aveva regalato quando ero bambina! Fammi tornare indietro a prenderle. Vorrei regalarle ai tuoi genitori quando ci sposeremo».
«Siamo già molto lontani dal palazzo», disse il principe. «Non importunarmi con la storia di queste pietre».
Ma la principessa insisteva per tornare indietro, e alla fine il principe dovette acconsentire. Serrò le viti e il cavalluccio di legno atterrò.
Il principe disse:
«Ti aspetterò qui. Vai al palazzo sul cavalluccio e torna indietro appena hai preso le pietre preziose».
La principessa salì sul cavalluccio di legno e volò via.
Intanto il re, che era stato fatto rinvenire dai cortigiani, temeva il peggio per la figlia. Si affrettò al palazzo in cielo e, proprio come si aspettava, lo trovò vuoto. Non sapeva cosa fare, quando improvvisamente la principessa arrivò sul cavalluccio di legno. Gli uomini del re la fecero prigioniera e la riportarono giù a palazzo, dove la chiusero in una stanza vuota. Anche il cavalluccio di legno cadde nelle mani del re, che peraltro non aveva idea di come usarlo e si limitò a metterlo in un’altra stanza vuota.
Molto prima che tutto ciò accadesse, c’era stato un altro re il quale, udendo parlare della bellezza della principessa, ne aveva chiesto la mano per il proprio figlio, ma il padre della principessa aveva rifiutato. Tuttavia, dopo tutta questa faccenda, al re stava bene farla sposare a qualcuno che vivesse molto lontano e così mandò a quel re un messaggio che diceva:
“Mia figlia ha raggiunto l’età del matrimonio, e sono d’accordo che sposi vostro figlio. Questo renderà più stretti i rapporti tra le nostre due famiglie e porterà una pace duratura tra i nostri due regni. Dite a vostro figlio di venire a prendere la sua sposa”.
Ma lasciamo per un po’ da parte il re e sua figlia e ritorniamo al principe.
Questi aveva atteso a lungo, ma non aveva visto traccia della principessa. Guardandosi intorno, vide che si trovava in una sconfinata distesa di deserto con alte dune di sabbia in tutte le direzioni. La sabbia turbinava nel vento, il sole bruciante picchiava direttamente sulla testa e non si vedeva neppure un filo d’erba. Il tempo passava, e al principe venne fame e sete. Ma quando si alzò e andò a cercare dell’acqua, non riuscì a trovarne una goccia.
“Forse riuscirò a scorgere qualcosa dalla cima di quelle dune”, pensò, ma mentre si arrampicava, la sabbia scivolosa gli bruciava i piedi rendendo ogni passo una sfida. Con grande difficoltà finalmente raggiunse la cima. Quando sollevò la testa per guardarsi intorno, la sabbia sotto di lui scivolò via come ghiaccio sciolto in primavera. Scivolò su e giù, e quando si fermò vide davanti a lui un frutteto lussureggiante con ogni genere di alberi da frutta. I frutti maturi, rossi e verdi, pendevano pesanti dai rami. Gli venne l’acquolina in bocca. Corse fino al frutteto, raccolse alcune pesche e cominciò a mangiarle. Mangiò fino alla sazietà i frutti dolci e succosi, e alla fine cadde addormentato contro un albero.
Quando si svegliò., si toccò il mento e scoprì che era coperto da una folta barba. Mentre si stava chiedendo cosa fosse successo, si sentì nuovamente affamato, ma non aveva il coraggio di mangiare altre pesche. Sospettava che fossero la causa della sua barba. Allora vide un pero. Piegando in basso un ramo, raccolse un certo numero di pere succose. Più ne mangiava, più il loro sapore gli sembrava delizioso. Quando fu sazio di pere, si addormentò di nuovo e non si svegliò fino al tramonto. Stirandosi batté la testa contro un albero. La testa gli sembrava più pesante del solito e, quando la toccò, scoprì che gli era cresciuto un paio di grosse corna e il suo mento era coperto da una barba bianca come la neve e lunga più di trenta centimetri.
“Che aspetto terribile devo avere!” pensò il principe. “Anche se la principessa ritorna, non mi riconoscerà mai e non mi amerà mai più. Che posso fare?”
Più ci pensava, più miserabile si sentiva, e scoppiò in lacrime. Dopo un po’, stanco per il tanto piangere, cadde in un sonno profondo.
Sognò che un vecchio si avvicinava a lui e gli chiedeva, accarezzandogli la testa:
«Figlio mio, perché sei così triste?»
Quando il principe gli raccontò cosa era successo, il vecchio disse:
«Non temere. Vai e raccogli un po’ delle pesche e pere secche cadute ai piedi degli alberi e mangiale, così la barba e le corna spariranno. Poi vattene in fretta! Questo posto è popolato da dèmoni. Ora stanno dormento, ma quando si sveglieranno, ti divoreranno».
Queste parole svegliarono di soprassalto il principe. Si sfregò gli occhi. Stava soffiando una brezza fresca che portava via il calore del deserto. Seguendo il consiglio del vecchio del sogno, raccolse una manciata di pesche secche e una manciata di pere secche, poi cominciò a masticarle lentamente. E, come predetto, quando finì di mangiare e si toccò il mento e la testa, la barba e le corna erano scomparse. Rifletté per un po’. Poi, spezzati alcuni rami di salice, intrecciò un cestino e lo riempì per metà di pesche e pere secche e per metà di frutti freschi. Quindi si affrettò ad allontanarsi da quel frutteto popolato da dèmoni.
Voleva tornare a casa, ma non aveva idea in quale direzione si trovasse la sua casa.
“La cosa importante è continuare ad andare avanti!” pensò tra sé.
In qualunque direzione andasse incontrava il deserto, senza alcun segno di abitazioni umane. Non aveva altro che le pesche e le pere secche per calmare la fame e la vastità del deserto per dormire. Camminò così per sette giorni e sette notti e non vide nemmeno un uccello, per non parlare degli esseri umani.
Infine arrivò a una strada principale. Con un sospiro di sollievo sedette al bordo della strada per riposare.
In quel momento vide un uomo che conduceva un asino lungo la strada. Da costui venne a sapere che la sua casa si trovava a est, mentre il regno della principessa era a ovest.
“Come faccio a tornare a casa, visto che ho perduto sia la principessa che il cavalluccio di legno?” pensò.
Così scelse di proseguire verso ovest lungo la strada. Mentre stava camminando udì il suono di uomini che gridavano ordini. Fu raggiunto da un grande corteo. Gli uomini erano completamente in armatura, i cavalli anche; era una vista molto impressionante.
Al centro c’era una carrozza con intricati intarsi in oro e finestre di vetro sui quattro lati. Quattro cavalli con complicate bardature la trainavano. Il principe si era fatto da parte per guardare, ma con sua sorpresa la carrozza si fermò di fronte a lui, un uomo scese e gli chiese:
«Cosa stai vendendo?»
«Niente», rispose il principe.
Ma l’uomo indicò il cestino e disse:
«Quelle non sono pesche e pere? Dopo una dura giornata di viaggio il nostro principe è assetato e affamato. Sii così gentile da venderci un po’ della tua frutta».
«Questa frutta non è è in vendita», disse il principe. «Sono le provviste per il mio viaggio. Non vedi che su questa strada non cresce nemmeno un filo d’erba? Dove posso trovare qualcosa da mangiare, se vendo questa frutta a te?»
Nel frattempo il principe dentro la carrozza gridava al suo uomo di sbrigarsi.
«Pagagli qualunque cifra ti chieda!» gridò tendendogli un lingotto d’oro.
«Dove state andando?» chiese il principe.
«Il nostro padrone sta andando a sposarsi», rispose l’uomo. «La sua sposa è la principessa della città vicina».
Così dicendo indicò verso ovest. Il principe fu scosso dalla notizia, ma fece in modo di mantenere un aspetto calmo. Dopo aver posto qualche domanda più particolareggiata e aver avuto la certezza che la sposa non era altri che la principessa che amava, accettò l’oro, scelse dal cestino due pesche particolarmente rosse e due pere molto grandi e le consegnò all’uomo.
Il principe nella carrozza fu felice di avere quei frutti e li divorò con ingordigia. Poi il corteo continuò la sua strada e il principe a poco a poco si addormentò cullato dal dondolio della carrozza. Quando si svegliò, diede un sobbalzo e cominciò a urlare forte. La sua scorta si raccolse intorno a lui per scoprire cosa stava accadendo. Quando guardarono nella carrozza, non videro un principe, ma un mostro con una barba bianca sul mento e due corna sulla testa. Furono presi dal panico. Tutto il corteo si fermò per aspettare il venditore di frutta.
Dopo breve tempo, quando il principe li raggiunse, lo fermarono e gli chiesero:
«Che razza di frutti hai venduto al nostro padrone?»
«Frutti che crescono sugli alberi».
«Ma perché gli sono cresciute la barba sul viso e le corna sulla testa dopo aver mangiato i tuoi frutti?»
Il principe vide nella carrozza quella creatura dall’aspetto insolito e provò in cuor suo una sensazione di felicità, ma la nascose e rispose con calma:
«Io li mangio ogni giorno. Perché a me non è mai successo niente?»
Nessuno dei cortigiani seppe dare una spiegazione.
Come avrebbe potuto il loro principe sposare la principessa ora che aveva l’aspetto di un mostro? Si consultarono per trovare una via d’uscita.
«Faremmo meglio a tornare indietro», suggerì uno di loro. «Ci cacceranno senza pietà, se ci presentiamo così».
Ma il principe avrebbe preferito morire, piuttosto che tornare indietro.
Infine, il cortigiano favorito di suo padre si fece avanti con un’idea:
«Dobbiamo trovare un bel giovane e travestirlo come il principe. Se la principessa ci casca e facciamo in modo di portarla nel nostro regno, sarà alla nostra mercé».
Questo piano fu lodato da tutti, e cominciarono a cercare un candidato adatto. Infine concordarono che il fruttivendolo era il più bel giovane presente e gli chiesero di prestarsi per quel lavoro.
Questi, fingendo di essere timido, disse:
«Queste sono cose vostre. Vedetevela da soli. Io devo occuparmi del mio commercio».
I cortigiani lo pregarono a lungo, offrendogli cinque lingotti d’oro come ricompensa.
«Non è abbastanza», disse il principe.
«Sette allora», dissero i cortigiani.
Gli ordinarono di sedersi nella carrozza come un vero principe. Al loro padrone, il principe con le corna, dissero di montare su un cavallo. Gli legarono la testa in un pezzo di tessuto, gli misero un velo sulla faccia e gli raccomandarono, una volta giunti alla capitale, di nascondersi al coperto e di non farsi vedere da nessuno per nessun motivo. Quando tutto fu sistemato in modo conveniente, il corteo riprese il cammino. Al loro arrivo trovarono il re che li aspettava alle porte della città. Nel vedere un genero così bello e tanti regali di fidanzamento il re scoppiò dalla gioia. Nello stesso tempo era molto preoccupato al pensiero che il matrimonio potesse andare a monte, se fosse venuta alla luce la storia della figlia, per cui i preparativi per un banchetto di nozze di quattro giorni cominciarono immediatamente. Il vecchio fu ospitato all’esterno, mentre al giovane fu chiesto di rimanere dentro per aspettare il principe e la principessa. Il re aveva tutta l’intenzione di tenere gli ospiti così occupati che non avessero tempo di conoscere il suo segreto disonorevole.
Per tutti i primi tre giorni del matrimonio, la principessa non fece nulla, se non piangere e tenere il viso velato. Non voleva nemmeno alzare la testa per guardare il novello sposo, tanto il suo cuore era preso da un altro, l’unico uomo che aveva veramente amato. Quando arrivò il quarto giorno, il re era ancora preoccupato e mandò una vecchia fidata a spiare il novello sposo per vedere se amava veramente la principessa. Quella sera, al banchetto a palazzo, il principe sedette accanto alla principessa.
Quando nessuno stava guardando, le disse sottovoce:
«Sono io! sono tornato!»
La principessa sollevò subito il velo e lo guardò.
“O cielo!” pensò tra sé. “È un sogno? Cosa è passato per la testa di mio padre per riportarlo a me?”
Nel timore che la principessa potesse rivelare il suo segreto, il principe le sussurrò tutta la storia, dicendole di comportarsi come se non sapesse niente. Mentre danzavano insieme, discussero il modo di fuggire. L’idea del principe era che lei, dopo la cerimonia, quando probabilmente sarebbe rimasta sola con lui, chiedesse al padre il cavalluccio di legno. Avrebbe dovuto dirgli che non se ne sarebbe mai andata senza quell’oggetto.
«Non importa se ti minaccerà, tu non aver paura».
La vecchia tornò dal re a riferire:
«I due giovani sono veramente innamorati l’uno dell’altra, maestà. Hanno passato tutta la sera danzando e cantando insieme».
Il re fu molto soddisfatto.
Il giorno dopo molti illustri ospiti si riunirono di fronte al palazzo aspettando di veder comparire la principessa. Anche gli uomini del re erano pronti con i loro cavalli. Ma all’interno del palazzo la principessa era ancora appiccicata al padre e lo tormentava con la richiesta del cavalluccio di legno. In un impeto d’ira, il re si rivolse al boia minacciandola di morte, ma la principessa non fu minimamente spaventata e gli disse che se non avesse avuto il cavalluccio sarebbe morta.
Il re non sapeva più cosa fare. Quando i suoi illustri ospiti, stanchi di aspettare, entrarono a chiedere il motivo del ritardo, il re disse loro:
«Questa ragazzaccia si sta comportando come una bambina. Possiede un cavalluccio di legno che vuole disperatamente portare con sé».
Udendo ciò, gli ospiti scoppiarono a ridere.
«Un giocattolo! E perché non le permetti di portarlo con sé?».
Il re si sentiva troppo imbarazzato per riuscire a dire qualcosa. Prese il cavalluccio di legno e lo diede alla figlia, poi il corteo lasciò in pompa magna la capitale.
Il viaggio durò vari giorni. Durante tutto il tempo, la scorta si prese cura di loro con grande devozione, non lasciando loro neppure un attimo e rendendo impossibile tentare la fuga. Mentre si stava avvicinando alla destinazione finale, la giovane coppia cadde nella disperazione. All’ultimo momento, il principe escogitò un nuovo stratagemma. Disse alla principessa:
«Non appena arriveremo alle porte del palazzo, dovrai dire che scenderai dalla carrozza solo a una condizione: dovranno portarti sette piatti colmi d’oro fino all’orlo. Poi dovrai spargere a terra l’oro perché la gente lo raccolga».
La principessa seguì scrupolosamente le istruzioni. Non appena sparse l’oro, il popolo si precipitò in massa per raccoglierlo. Approfittando della confusione, il principe aiutò la principessa a salire sul cavalluccio di legno, allentò una vite e in un batter d’occhio furono in volo. Non incontrarono intoppi durante il viaggio e atterrarono sani e salvi nella casa del principe.
Il re, il padre del principe, aveva ormai dato il figlio per disperso. Incolpava il falegname della scomparsa e stava per mandare a morte quel poveretto. Il falegname era stato legato all’estremità di un ponte per tre giorni e tre notti. Quando il principe ritornò, vide il re e disse:
«Padre, il cavalluccio di legno del falegname è stato utilissimo. Senza di lui non avrei potuto vedere tanti paesi, trovare una moglie così bella e tornare da te sano e salvo. Devi dare al falegname una ricompensa generosissima».
Il re ascoltò con grande vergogna e si sentì obbligato a chiedere al figlio cosa doveva fare per il falegname. Nello stesso tempo mandò i suoi uomini al ponte. Trovarono il falegname ancora vivo, lo slegarono e lo riportarono a palazzo.
Il principe si prese personalmente cura del falegname fino a quando fu completamente guarito. Poi gli donò una grande somma di denaro perché potesse perfezionare la sua arte. Il principe e la principessa celebrarono un nuovo matrimonio, e tempo dopo il principe successe al trono.


NOTE
Testo originale in:
http://wenku.baidu.com/view/7a5d3833eff9aef8941e069a.html

Ultimo aggiornamento: Luglio 2015

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