leggende orientali – LA RANA MAGICA

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

LA RANA MAGICA

Ci fu un tempo un grande signore che viveva sull’Isola delle Nove Province. Non aveva che un figlio, un ragazzino molto brillante che la gente aveva soprannominato “Giovane Tuono”. Durante una delle guerre civili il castello del signore fu conquistato, ma con l’aiuto di un servo fedele il ragazzo riuscì a scappare e fuggì a nord in una provincia vicina, dove visse fino a quando divenne adulto.
Per molti anni la provincia era stata infestata da banditi che diventavano sempre più spavaldi. Un giorno il fedele servitore di Giovane Tuono fu aggredito dai banditi e, avendo opposto resistenza, fu ucciso. Il giovane rimasto solo al mondo trascorreva un’esistenza randagia in varie parti del Regno del Sorriso.
Per tutto questo tempo fu divorato dal desiderio di far rinascere il nome di suo padre e di far rivivere la fama della sua famiglia. Era straordinariamente coraggioso ed esperto nell’arte della spada, ma le passate disgrazie ne avevano fatto un fuorilegge. E così divenne capo di una banda di briganti, depredò molti ricchi mercanti e in breve accumulò una ricchezza in uomini, armi e bottino. Aveva l’abitudine di travestirsi da mendicante o sacerdote oppure calderaio ambulante e di andare personalmente nelle case dei ricchi per imparare tutto su cancelli e guardie, dove dormivano e in quali stanze erano conservati i loro tesori, e così riusciva facilmente nelle sue imprese.
Avendo udito di un vecchio che viveva sulle montagne, partì per derubarlo e a questo scopo indossò un travestimento da pellegrino. Ma prima di giungere a destinazione una violenta tempesta di neve lo costrinse a cercare rifugio in un’umile capanna a lato della strada. Entrato, vide una bella donna che lo trattò con grande gentilezza. Ma questo non mutò la sua natura malvagia. A mezzanotte, quando tutto taceva, estrasse la spada e avvicinandosi senza far rumore alla camera della donna, la trovò profondamente assorta nella lettura.
Alzò la spada e stava per colpirla al collo, quando in un lampo il corpo della donna si trasformò in quello di un uomo molto vecchio, che afferrò la pesante lama d’acciaio e la spezzò in mille pezzi come se fosse un bastoncino. Poi lanciò via i pezzi d’acciaio e parlò al brigante, che era meravigliato ma non spaventato:
«Sono un uomo dotato di poteri magici e ho vissuto tra queste montagne per molte centinaia di anni, sebbene il mio vero corpo sia quello di una gigantesca rana. Sono in grado di ucciderti facilmente, ma ho un’altra intenzione. Quindi ti perdonerò e anziché ucciderti t’insegnerò la magia. Ma prima devi promettermi di non seguire mai più la tua vita malvagia».
Allora il giovane s’inchinò fino a terra, confessò al vecchio i propri crimini e pregò di essere accolto come suo discepolo. E fu così che abitò con il mago per molte settimane e imparò tutte le arti degli spiriti della montagna, a suscitare una tempesta di pioggia e vento, a far piovere e a controllare gli elementi a suo piacere.
Inoltre imparò a controllare le rane che, a un suo comando, assumevano dimensioni gigantesche, tanto che poteva stare in piedi sul loro dorso e attraversare i fiumi e trasportare enormi pesi.
Quando il vecchio ebbe terminato di istruirlo, gli disse:
«D’ora in poi smetterai di rapinare e di far del male ai poveri in qualsiasi maniera. Deruba il ricco e colui che si procura denaro in modo disonesto, ma aiuta il bisognoso e il sofferente».
Così dicendo, il vecchio si trasformò in una gigantesca rana e si allontanò saltellando.
Ciò che il vecchio spirito della montagna lo aveva esortato a fare era proprio quello che Giovane Tuono desiderava. Infatti dovete sapere che a quei tempi non regnavano la legge e l’ordine, e la gente era costretta a difendersi come meglio poteva. E così il giovane si mise in viaggio con cuore leggero.
«Ora ho il potere di farmi obbedire dalla tempesta e dalle acque, e tutte le rane sono al mio comando», disse, «ma, ahimè, la magia della rana non può controllare quella del serpente. Dovrò stare molto attento al suo veleno».
Da allora in poi la povera gente oppressa ebbe la gioia di vedere mercanti avidi e usurai rapaci perdere le loro ricchezze. A quel tempo, quando un povero contadino che aveva perso il raccolto non era in grado di saldare il suo prestito alla data concordata, quegli usurai dal cuore di pietra lo buttavano fuori di casa, gli portavano via il letto, le stuoie, la provvista di riso e persino l’altare e le immagini degli antenati per venderli all’asta in cambio di pochi soldi, ai loro servi, che li rivendevano a caro prezzo per l’usuraio, che così otteneva un doppio guadagno. Ma ogni volta che un povero era derubato, la gente diceva: «Il Giovane Tuono li colpirà», e allora erano felici. E così il suo nome diventò presto la parola d’ordine dei poveri nei tempi difficili.
Era sempre pronto ad aiutare gli innocenti e gli onesti, anche se erano ricchi. Un giorno un mercante fu condannato a morte, anche se in realtà non era colpevole. Giovane Tuono, udendone parlare, si recò dal giudice e disse che era lui quello che in realtà aveva commesso la rapina. E così la vita di quell’uomo fu salva, e Giovane Tuono fu impiccato a una grande quercia. Ma durante la notte il suo corpo si trasformò in una rana toro che saltellò via dalla vista e sparì tra le montagne.
A quel tempo una ragazza giovane e bella viveva nella regione delle montagne. Aveva un’indole molto amabile. Era sempre obbediente ai genitori e gentile con gli amici. Il suo compito quotidiano era di andare sui monti e tagliare fascine per il fuoco. Un giorno, mentre era affaccendata e lavorava cantando, incontrò un uomo molto vecchio, con una lunga barba bianca che gli scendeva sul petto, che le disse:
«Non aver paura di me. Ho vissuto tra queste montagne per molte centinaia di anni, ma il mio vero corpo è quello di una lumaca. T’insegnerò i poteri della magia, così potrai camminare sul mare o attraversare un fiume anche se profondo e in piena, come se fosse terraferma».
La ragazza, felice, prese ogni giorno lezioni dal vecchio e ben presto fu capace di camminare sulle acque come se fossero sentieri di montagna. Un giorno il vecchio disse:
«Ora devo lasciarti e riprendere la mia vera forma. Usa i tuoi poteri per distruggere i malvagi. Aiuta coloro che difendono i poveri. Ti consiglio di sposare il famoso guerriero Giovane Tuono e di unire i tuoi poteri con i suoi».
Così dicendo il vecchio si raggrinzì in una chiocciola e strisciò via.
«Sono felice», disse tra sé la ragazza, «perché la magia della lumaca può superare quella del serpente. Se Giovane Tuono, che possiede la magia della rana, mi sposasse, potremmo distruggere il figlio del serpente, il terribile brigante Spira di Drago».
Fortuna volle che Giovane Tuono non molto tempo dopo incontrasse la ragazza e incantato dalla sua bellezza e conoscendo i suoi poteri magici, mandò un messaggero con doni per i suoi genitori, chiedendo loro di concedergli la figlia in sposa. I genitori acconsentirono e così la giovane coppia d’innamorati fu sposata.
In passato, quando Giovane Tuono voleva attraversare un fiume, si trasformava in una rana e lo attraversava a nuoto, oppure chiamava una rana toro che faceva crescere finché diventava grande quanto un elefante. Poi tenendosi dritto sul suo dorso raggiungeva la riva opposta senza pericolo. Ora con i poteri della moglie, i due camminavano sulle acque come se la superficie fosse terreno solido.
Poco dopo il loro matrimonio, in Giappone scoppiò la guerra tra due famosi clan. Per aiutarla a combattere le battaglie e a catturare i castelli nemici, una famiglia chiese l’aiuto di Giovane Tuono, che accettò di servirla e portò le loro insegne. Allora i nemici ottennero i servigi di Spira di Drago.
Questo Spira di Drago era un bandito malvagio e pericoloso, il cui padre era un uomo e la cui madre un serpente che viveva in fondo a un lago. Era espertissimo nella magia del serpente e, schizzando veleno sui suoi nemici, poteva distruggere anche i più forti guerrieri. Aveva raccolto migliaia di seguaci e portato grande devastazione in ogni parte del Giappone, rapinando e uccidendo buoni e cattivi, ricchi e poveri, senza fare distinzione. Poiché amava la guerra e la distruzione, fu felice di allearsi con uno dei clan in guerra.
Ora, poiché la magia della rana e della lumaca era alleata con un esercito e la magia del serpente aiutava l’altro, le battaglie erano terribili e sanguinose, e molti uomini furono uccisi da entrambe le parti.
In un’occasione, dopo una violenta battaglia, Giovane Tuono fuggì e si rifugiò in un monastero insieme a pochi sudditi per prendersi un breve riposo. In questo ritiro abitava un’amabile principessa. Era fuggita da Spira di Drago che voleva sposarla. Lei non voleva sposare il figlio di un serpente e sperava di sfuggirgli. Viveva costantemente nella paura di lui. Spira di Drago, venuto a sapere che Giovane Tuono e la principessa si trovavano entrambi in quel luogo, si tramutò in un serpente e, riempitosi la bocca di veleno, strisciò fino al soffitto della stanza in cui dormiva Giovane Tuono e, raggiuto un punto direttamente sopra di lui, gli versò il veleno sulla testa. I vapori del veleno intontirono Giovane Tuono e il suo seguito. Poi Spira di Drago si tramutò in un uomo, afferrò la principessa e fuggì via con lei.
Ai fedeli del seguito ci volle un po’ per riprendersi e trovarono il padrone delirante e la principessa sparita.
«Cosa possiamo fare per rianimare il nostro caro padrone?» Questo era l’interrogativo che si ponevano tra loro, mentre con espressione infelice e occhi piangenti guardavano il suo aspetto pallido. Chiamarono l’onorevole capo del monastero per vedere se poteva suggerire loro cosa potessero fare.
«Ahimè!» disse il vecchio sacerdote, «non esiste medicina in Giappone che possa curare il male del vostro signore, ma in India c’è un elisir che è un sicuro antidoto. Se potessimo averlo, il vostro padrone guarirebbe».
«Ahimè! ahimè!» e un coro di gemiti mostrò che ogni speranza era perduta, perché i monti dell’India dove era prodotto l’elisir distavano cinquemila miglia dal Giappone.
Proprio in quel momento un ragazzo, uno dei paggi di Giovane Tuono, si alzò per parlare. Non aveva che quattordici anni ed era ricolmo di gratitudine, perché Giovane Tuono aveva salvato suo padre da molti pericoli e aveva salvato anche la sua vita. Chiese al sacerdote il permesso di parlare. Questi, vedendo l’entusiasmo del ragazzo, lo incoraggiò con un cenno del ventaglio.
«Quanto potrà vivere il nostro padrone?» chiese il giovane.
«Morirà entro trenta ore», rispose il sacerdote con un sospiro.
«Se mi permettete di andare, procurerò la medicina e se il nostro padrone sarà ancora vivo quando tornerò, guarirà».
Ora quel giovane aveva imparato magia e stregoneria dai Tengu, o elfi dal lungo naso delle montagne, e poteva volare in alto nel cielo a velocità incredibile. Pronunciando poche parole magiche indossò le ali di un Tengu, salì su una nuvola bianca e si allontanò verso l’India sul vento dell’est. Comprò l’elisir degli spiriti della montagna e fece ritorno in Giappone in un giorno e una notte.
Nonostante Giovane Tuono fosse quasi spirato, al primo tocco dell’elisir sul suo viso trasse un respiro profondo, il sudore brillò sulla sua fronte e dopo pochi attimi si mise a sedere.
Ben presto stette di nuovo bene ed essendo ormai immune al veleno del serpente, combatté una grande battaglia contro Spira di Drago e infine lo uccise. La principessa fu salvata e restituita ai genitori. Per le sue azioni coraggiose Giovane Tuono fu perdonato per tutti i misfatti commessi, e gli averi del padre gli furono restituiti. Da allora insieme all’amabile moglie trascorse in pace e tranquillità il resto dei suoi giorni. I due non praticarono più la magia e allevarono una famiglia di nobili figli e figlie. Il loro nome fu amato e onorato in tutto il Giappone.


NOTE
testo originale http://www.mainlesson.com/display.php?author=griffis&book=oldjapan&story=magic&PHPSESSID=17f9886784c16e71cf446b1d50852778

Ultimo aggiornamento: Aprile 2016

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