leggende – LA PICCOLA SURYA BAI

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Leggenda dall’India

Tradotta da Dario55

LA PICCOLA SURYA BAI

Un giorno una povera lattaia si recò in città con bidoni pieni di latte da vendere. Portò con sé la figlioletta (una bambina di circa un anno), non avendo nessuno a cui affidarla per lasciarla a casa. Essendo stanca, sedette sul ciglio della strada e posò accanto a sé la bambina e i bidoni pieni di latte, quando, all’improvviso, due grandi aquile volarono sopra di lei, e una di esse, scendendo in picchiata, afferrò la bambina e volò via con lei fuori dalla vista della madre.
Le aquile portarono la piccola molto, molto lontano, oltre i confini della sua terra natale, fino a raggiungere la loro casa su un alto albero. Lì le vecchie aquile avevano costruito un grande nido: era fatto di ferro e legno, e aveva le dimensioni di una piccola casa; era circondato dal ferro, e per entrare e uscire bisognava passare attraverso sette porte di ferro.

Misero la bambina in questa roccaforte, e poiché era come un giovane aquilotto la chiamarono Surya Bai (la Signora del Sole). Le due aquile amavano la bambina e ogni giorno volavano in paesi lontani per portarle cose ricche e preziose: vestiti che erano stati intessuti per principesse, gioielli preziosi, giocattoli meravigliosi, tutto ciò che c’era di più raro e costoso.
Un giorno, quando Surya Bai aveva dodici anni, il vecchio marito aquila disse alla moglie:
«Moglie, nostra figlia non ha un anello di diamanti al mignolo, come quelli che portano le principesse: andiamo a prendergliene uno».
«Sì», disse l’altra vecchia Aquila, «ma per prenderlo dobbiamo andare molto lontano».
«È vero», rispose lui, «un anello del genere non si trova più vicino del Mar Rosso, e da qui è un viaggio di dodici mesi; tuttavia andremo».
Così le aquile partirono con dodici mesi di provviste (per non soffrire la fame mentre erano in viaggio), lasciando Surya Bai nel nido fortificato, e un cagnolino e una gattina per prendersi cura di lei.
Un giorno, non molto tempo dopo la loro partenza, la micetta birichina rubò del cibo dalla dispensa, per cui Surya Bai la punì. Alla gatta non piacque essere picchiata, e le seccava ancora di più essere stata sorpresa a rubare; così, per vendicarsi, corse al camino (nel Nido delle Aquile erano obbligati a tenere un fuoco sempre acceso, perché Surya Bai non scendeva mai dall’albero, e altrimenti non avrebbe potuto cucinare la sua cena), e spense il fuoco. Quando la ragazzina se ne accorse fu molto irritata, perché la gatta aveva mangiato le loro ultime provviste, e lei non sapeva come fare per mangiare. Per tre interi giorni Surya Bai rimase a pensare su come superare questa difficoltà, e per tre interi giorni lei, il cane e la gatta restarono senza niente da mangiare. Alla fine pensò di arrampicarsi sul bordo del nido per tentare di vedere un fuoco nella pianura sottostante e scendere e chiedere a chi l’aveva acceso di darle un po’ di cibo per cucinare la cena. Così si arrampicò fino al bordo del nido. Poi, molto lontano all’orizzonte, vide un sottile ricciolo di fumo azzurro. Allora scese dall’albero e camminò per tutto il giorno nella direzione da cui proveniva il fumo. Verso sera raggiunse il luogo e scoprì che il fumo proveniva da una piccola capanna in cui sedeva una vecchia che si scaldava le mani sul fuoco. Ora, anche se Surya Bai non lo sapeva, aveva raggiunto il paese dei Rakshas, e quella vecchia altro non era che una vecchia e malvagia Rakshas, che viveva con il figlio nella piccola capanna. Il giovane Rakshas, tuttavia, era uscito. Quando la vecchia Rakshas vide Surya Bai, rimase molto stupita, perché la ragazza era bella come il sole, e il suo ricco vestito risplendeva di gioielli; e disse tra sé: “Com’è bella questa ragazza! Che bocconcino prelibato sarebbe! Oh, se mio figlio fosse qui, la uccideremmo, la faremmo bollire e la mangeremmo. Cercherò di trattenerla fino al suo ritorno”.
Poi, rivolgendosi a Surya Bai, disse:
«Chi sei e cosa vuoi?»
Surya Bai rispose:
«Sono la figlia delle grandi aquile, ma stanno facendo un lungo viaggio per portarmi un anello di diamanti, e il fuoco si è spento nel nido. Dammi, ti prego, un po’ del tuo fuoco».
La Rakshas rispose:
«Ne avrai certamente un po’, ma prima pesta questo riso per me, perché sono vecchia e non ho una figlia che mi aiuti».
Allora Surya Bai pestò il riso, ma il giovane Rakshas non era ancora tornato quando ebbe finito; allora la vecchia Rakshas le disse:
«Se sei gentile, macina questo mais per me, perché è un lavoro duro per le mie vecchie mani».
Allora lei macinò il mais, ma il giovane Rakshas ancora non arrivava; allora la vecchia Rakshas le disse:
«Prima spazza la casa per me, e poi ti darò il fuoco».
E così Surya Bai spazzò la casa, ma il giovane Rakshas non arrivava.
Allora la madre disse a Surya Bai:
«Perché hai tanta fretta di tornare a casa? Portami dell’acqua dal pozzo e poi avrai il fuoco».
Ed ella andò a prendere l’acqua. Quando ebbe fatto questo, Surya Bai disse:
«Ho eseguito tutti i tuoi ordini, ora dammi il fuoco o andrò a cercarlo altrove».
La vecchia Rakshas era dispiaciuta perché il figlio non era tornato a casa, ma vide che non poteva più trattenere Surya Bai, così disse:
«Prenditi il fuoco e vai in pace. Prenditi anche del grano essiccato e spargilo lungo la strada mentre vai, in modo da fare un bel vialetto dalla nostra casa alla tua», e così dicendo, diede a Surya Bai diverse manciate di grano essiccato. La ragazza le prese, senza temere alcun male, e mentre andava sparse i chicchi sulla strada. Poi salì di nuovo nel nido e chiuse le sette porte di ferro, accese il fuoco, cucinò il cibo, diede da mangiare al cane e alla gatta, ne prese un po’ anche per sé e andò a dormire.
Non appena Surya Bai ebbe lasciato la capanna dei Rakshas, il giovane Rakshas tornò e sua madre gli disse:
«Ahimè, ahimè, figlio mio, perché non sei tornato prima? Un dolce agnellino è stato qui e ora l’abbiamo perso».
Poi gli raccontò tutto di Surya Bai.
«Da che parte è andata?» chiese il giovane Rakshas; «dimmi solo questo, e l’avrò prima di domattina».
La madre gli disse che aveva dato a Surya Bai il grano secco da spargere sulla strada, e quando lui udì questo, seguì la pista, e corse, e corse, e corse, finché non arrivò ai piedi dell’albero.
Qui, guardando in su, vide il nido in alto tra i rami sopra di loro.
Rapido come il pensiero, si arrampicò e raggiunse la grande porta esterna, la scosse e la scosse, ma non poté entrare, perché Surya Bai l’aveva sprangata. Allora disse:
«Fammi entrare, figlia mia, fammi entrare: sono la grande Aquila, e sono venuta da molto lontano, e ti ho portato molti bei gioielli, e ho qui uno splendido anello di diamanti per il tuo mignolo».
Ma Surya Bai non lo udì: dormiva profondamente.
Poi cercò di forzare di nuovo la porta, ma era troppo resistente per lui. Nei suoi sforzi, tuttavia, si era spezzato un’unghia (le unghie di un Rakshas sono molto velenosa), che lasciò conficcata nella fessura della porta quando se ne andò.
La mattina seguente Surya Bai aprì tutte le porte per guardare il mondo sottostante; ma quando arrivò alla settima porta, un’oggetto appuntito che era conficcato nella porta le penetrò nella mano, e subito cadde a terra morta.
In quello stesso momento le due povere Aquile tornarono dal loro lungo e faticoso viaggio, portando un bellissimo anello di diamanti, che avevano portato dal Mar Rosso per la loro piccola favorita.
Lei giaceva sulla soglia del nido, bella come sempre, ma fredda e morta.
Le aquile non poterono sopportarne la vista, così le misero l’anello al dito e poi, con forti strida, volarono via per non tornare mai più.
Ma un po’ di tempo dopo arrivò un grande Rajah, che era fuori per una spedizione di caccia. Aveva con sé falchi, segugi, servitori e cavalli, e piantò il campo sotto l’albero su cui era stato costruito il nido delle aquile. Poi, guardando in su, vide, tra i rami più alti, quella che sembrava una strana casetta, e mandò alcuni del seguito a vedere di cosa si trattasse. Fecero presto ritorno e dissero al Rajah che in cima all’albero c’era una cosa curiosa simile a una gabbia, con sette porte di ferro, e che sulla soglia della prima porta giaceva una bella fanciulla, riccamente vestita, che era morta, e che accanto a lei c’erano un cagnolino e un gattino.
Allora il Rajah ordinò che fossero portati giù, e quando vide Surya Bai si sentì molto triste al pensiero che fosse morta. Le prese la mano per sentire se fosse già rigida, ma tutte le membra erano flessibili e non era diventata fredda come lo sono i morti; e, guardando di nuovo la mano, il Rajah vide che un oggetto appuntito, come una lunga spina, era penetrato nel palmo tenero, fin quasi a perforare il dorso della mano.
Lo estrasse, e non appena lo fece, Surya Bai aprì gli occhi e si alzò in piedi, gridando:
«Dove sono e chi sei tu? È un sogno o è realtà?».
Il Rajah rispose:
«È la realtà, bella signora. Sono il Rajah di una terra vicina; ti prego dimmi chi sei».
Lei rispose:
«Sono la figlia delle Aquile».
Ma lui si mise a ridere.
«No», disse, «non può essere; tu sei una grande principessa».
«No», replicò lei, «non sono una vera signora, quello che dico è vero. Ho vissuto tutta la mia vita su questo albero. Sono solo la figlia delle Aquile».
Allora il Rajah disse:
«Se non sei una principessa di nascita, ti farò diventare tale; di’ solo che sarai la mia regina».
Surya Bai acconsentì, e il Rajah la portò nel suo regno e ne fece la sua regina. Ma Surya Bai non era l’unica moglie, e la prima Ranee, l’altra moglie, era invidiosa e gelosa di lei.
Il Rajah diede a Surya Bai molti fidati servitori per sorvegliarla e stare con lei; e una vecchia cameriera che amava Surya Bai più di tutti gli altri e soleva dirle:
«Non essere troppo intima con la prima Ranee, cara signora, perché lei non vuole il tuo bene e ha il potere di farti del male. Un giorno potrebbe avvelenarti o ferirti in altro modo».
Ma Surya Bai le rispondeva:
«Sciocchezze! Cosa c’è da allarmarsi? Perché non possiamo vivere felicemente insieme come due sorelle?».
Allora la vecchia cameriera rispondeva:
«Ah, cara signora, che tu possa non vivere abbastanza per rimpiangere la tua fiducia! Prego che i miei timori si rivelino folli».
Così Surya Bai andava spesso a trovare la prima Ranee, e anche la prima Ranee andava spesso a trovarla.
Un giorno si trovavano nel giardino del palazzo, vicino a una vasca, dove la gente del Rajah era solita fare il bagno, e la prima Ranee disse a Surya Bai:
«Che bei gioielli hai, sorella; lasciameli provare un attimo e vediamo come mi stanno».
La vecchia cameriera era in piedi accanto a Surya Bai, e le sussurrò:
«Non prestarle i tuoi gioielli».
«Taci, vecchia sciocca», rispose lei. «Che male può fare?» e diede alla Ranee i suoi gioielli.
Allora la Ranee disse:
«Come sono belle tutte le tue cose! Non credi che stiano bene anche a me? Andiamo alla vasca, l’acqua è limpida come il vetro, e possiamo vederci riflesse in essa, e come brilleranno questi gioielli nell’acqua limpida!»
La vecchia cameriera, sentendo questo, si allarmò molto e pregò Surya Bai di non avventurarsi vicino alla vasca, ma lei disse:
«Ti invito a tacere, io mi fido di mia sorella».
E si recarono alla vasca. Poi, quando nessuno era nelle vicinanze, ed entrambe erano chine a guardare i loro riflessi nell’acqua, la prima Ranee spinse nella vasca Surya Bai, che affondò sotto l’acqua e affogò, e dal luogo in cui il suo corpo cadde, spuntò un luminoso girasole dorato.
Poco dopo il Rajah chiese dove fosse Surya Bai, ma non la trovò da nessuna parte. Allora, molto arrabbiato, andò dalla primoa Ranee e disse:
«Dimmi dov’è la mia piccola. L’hai portata via!»
Ma lei rispose:
«Mi fai torto, non so nulla di lei. Senza dubbio quella vecchia a cui hai permesso di stare sempre con lei, le ha fatto del male».
Così il Rajah ordinò che la povera vecchia fosse gettata in prigione.
Cercò di dimenticare Surya Bai e tutti i suoi bei modi, ma non servì a nulla. Ovunque andasse vedeva il suo volto. Qualsiasi cosa udisse, continuava ad ascoltare la sua voce. Ogni giorno diventava più miserabile; non voleva mangiare né bere, e per quanto riguarda l’altra Ranee, non poteva sopportare di parlare con lei. Tutta la sua gente diceva:
«Morirà sicuramente».
Quando la situazione era arrivata a questo punto, un giorno il Rajah si avvicinò al bordo della vasca e, chinandosi sul parapetto, guardò nell’acqua. Allora fu sorpreso di vedere un maestoso fiore dorato che spuntava dalla vasca vicino a lui; e mentre lo guardava, il girasole piegò dolcemente il capo e si chinò verso di lui. Il cuore del Rajah si intenerì, baciò le sue foglie e mormorò:
«Questo fiore mi ricorda la mia perduta moglie. Lo amo: è tenero e gentile com’era lei».
E ogni giorno si recava alla vasca e si sedeva a guardare il fiore.
Quando la Ranee lo seppe, ordinò ai suoi servi di andare a sradicare il girasole, di portarlo lontano nella giungla e di bruciarlo. La volta successiva che il Rajah andò alla vasca, scoprì che il fiore sparito, e ne fu molto addolorato, ma nessuno osò dire chi fosse responsabile.
Poi, nella giungla, dal luogo in cui era stata gettata la cenere del girasole, spuntò un giovane albero di mango, alto e diritto, che crebbe così rapidamente, e divenne un albero così bello, che fu la meraviglia di tutto il paese circostante. Infine, sul ramo più alto, spuntò un bel fiore, il fiore cadde, e il piccolo mango crebbe sempre più roseo, e sempre più grande, finché fu così meraviglioso per dimensioni e per forma che la gente accorreva da lontano e da vicino solo per vederlo.
Ma nessuno si azzardava a raccoglierlo, perché doveva essere conservato per il Rajah stesso.
Un giorno la povera lattaia, la madre di Surya Bai, stava tornando a casa dopo la sua giornata di lavoro con i bidoni del latte vuoti, ed essendo molto stanca per la lunga camminata verso il mercato, si sdraiò sotto l’albero di mango e si addormentò. Allora, proprio nel suo bidone più grande, cadde il meraviglioso mango! Quando la povera donna si svegliò e vide quello che era accaduto, fu terribilmente spaventata e pensò tra sé:
«Se qualcuno mi vede con questo meraviglioso frutto, che tutta la gente del Rajah ha visto per tante, tante settimane, non crederà mai che non l’abbia rubato, e sarò messa in prigione. Ma non va bene lasciarlo qui; inoltre è caduto da solo nel mio bidone del latte. Quindi lo porterò a casa il più segretamente possibile e lo dividerò con i miei figli».
E così la lattaia coprì il bidone in cui si trovava il mango e lo portò velocemente a casa, dove lo posò in un angolo della stanza e vi mise sopra una dozzina di altri bidoni di latte, impilati uno sopra l’altro. Poi, appena fece buio, chiamò il marito e il figlio maggiore (perché aveva sei o sette figli) e disse loro:
«Quale fortuna pensate che mi sia capitata oggi?»
«Non riusciamo a indovinare», risposero.
«Niente di meno», continuò lei, «che un meraviglioso mango caduto in uno dei miei bidoni del latte mentre dormivo! L’ho portato a casa con me, è in quel bidone più in basso. Vai, marito, chiama tutti i nostri figli per avere una fetta, e tu, figlio mio, metti giù quella pila di bidoni e portami il mango».
«Mamma», disse lui, quando arrivò al bidone più basso, «stavi scherzando, suppongo, quando ci hai detto che qui c’era un mango».
«No, assolutamente», rispose lei, «lì c’è un mango. Ce l’ho messo io stessa un’ora fa».
«Beh, ora c’è qualcosa di molto diverso», disse il figlio. «Vieni a vedere».
La lattaia corse a vedere, e lì, nel bidone più basso, non vide il mango, ma una piccola donna minuta, riccamente vestita di rosso e d’oro, e non più grande di un mango! Sul suo capo brillava un gioiello luminoso come un piccolo sole.
«Questo è molto strano», sussurrò la madre. «Non ho mai sentito una cosa simile in vita mia! Ma visto che ci è stata inviata, mi prenderò cura di lei come se fosse la mia bambina».
Ogni giorno la piccola signora diventava sempre più alta, fino a raggiungere le dimensioni di una donna normale; era gentile e amabile, ma sempre triste e silenziosa, e diceva che il suo nome era “Surya Bai”.
I figli erano tutti molto curiosi di conoscere la sua storia, ma la lattaia e il marito non si lasciarono convincere a chiederle chi fosse, e dissero ai figli:
«Aspettiamo. Tra un po’, quando ci conoscerà meglio, probabilmente ci racconterà la sua storia di sua spontanea volontà».
Una volta, mentre Surya Bai stava prendendo l’acqua dal pozzo per la vecchia lattaia, il Rajah passò a cavallo e, vedendola camminare, gridò:
«Quella è mia moglie!» e la inseguì il più velocemente possibile. Surya Bai, sentendo un gran rumore di zoccoli di cavallo, si spaventò, corse a casa più in fretta che poteva e si nascose, e quando il Rajah arrivò sul posto, c’era solo la vecchia lattaia in piedi sulla porta della capanna.
Allora il Rajah le disse:
«Lasciala, vecchia, non hai il diritto di tenerla; è mia, è mia!»
Ma la vecchia rispose:
«Sei pazzo? Non so cosa vuoi dire».
Il Rajah rispose:
«Non cercare di ingannarmi. Ho visto mia moglie entrare dalla tua porta; deve essere in casa».
«Tua moglie?», gridò la vecchia, «tua moglie? Vuoi dire mia figlia, che è appena tornata dal pozzo! Credi che rinuncerò a mia figlia al tuo comando? Tu sei il Rajah nel tuo palazzo, ma io sono il Rajah in casa mia, e non rinuncerò alla mia figliola per un tuo ordine. Vattene, o ti strappo la barba».
E così dicendo, afferrò un lungo bastone e attaccò il Rajah, chiamando a gran voce il marito e i figli, che accorsero in suo aiuto.
Il Rajah, vedendo che le cose per lui si mettevano male e il suo seguito era lontano (e non essendo del tutto certo di aver visto Surya Bai, o semplicemente la figlia della povera lattaia), cavalcò via e tornò al suo palazzo.
Tuttavia, decise di esaminare bene la questione. Prima di tutto andò a trovare la vecchia cameriera di Surya Bai, che era ancora in prigione. Da lei apprese abbastanza da fargli credere che non solo era del tutto innocente per la morte di Surya Bai, ma che sospettava seriamente che l’avesse causata la prima Ranee. Ordinò quindi che la vecchia cameriera fosse lasciata libera, continuando a tenerla d’occhio, e la pregò di provare la sua devozione alla padrona perduta da tempo andando a casa della lattaia e portandogli quante più informazioni poteva sulla famiglia, e in particolare sulla ragazza che aveva visto tornare dal pozzo.
Così la vecchia cameriera andò a casa della lattaia, fece amicizia con lei e comprò del latte, e poi rimase a parlare con lei.
Dopo alcuni giorni la lattaia smise di essere sospettosa nei suoi confronti e divenne molto cordiale.
La vecchia cameriera le raccontò allora che era stata la cameriera della defunta Ranee e che il Rajah l’aveva gettata in prigione alla morte della sua padrona; la vecchia lattaia le raccontò a sua volta come il meraviglioso mango era caduto nel suo bidone mentre lei dormiva sotto l’albero, e come si era prodigiosamente trasformato nel giro di poche ore in una bella ragazza.
«Mi chiedo perché abbia scelto la mia povera casa per viverci, invece di quella di chiunque altro», disse la vecchia. lattaia
Allora la cameriera di Surya Bai disse:
«Le hai mai chiesto la sua storia? Forse non le dispiacerebbe raccontartela ora».
La lattaia chiamò la ragazza, e non appena la vecchia cameriera la vide, capì che non era altro che Surya Bai, e il suo cuore saltò di gioia; ma rimase in silenzio, meravigliandosi molto, perché sapeva che la sua padrona era stata annegata nella vasca del giardino.
La vecchia lattaia si rivolse a Surya Bai e disse:
«Figlia mia, hai vissuto a lungo con noi e sei stata una buona figlia per me; ma non ti ho mai chiesto la tua storia, perché pensavo che dovesse essere triste; ma se non hai paura di raccontarmela ora, mi piacerebbe ascoltarla».
Surya Bai rispose:
«Madre, tu dici il vero, la mia storia è triste. Credo che la mia vera madre fosse una povera lattaia come te, e che mi portò con sé un giorno, quando ero ancora una bambina, mentre andava a vendere il latte al bazar. Ma essendo stanca per il lungo cammino, si sedette per riposare e mi mise a terra, quando improvvisamente una grande Aquila volò giù e mi portò via. Così gli unici genitori che ho conosciuto erano le due grandi Aquile».
«Ah, figlia mia! figlia mia!» gridò la lattaia, «ero io quella povera donna! Le aquile volarono via con la mia primogenita quando aveva solo un anno. Ti ho ritrovato dopo tanti anni?».
E corse a chiamare tutti i suoi figli e il marito per comunicare loro la meravigliosa notizia.
E ci fu grande gioia tra tutti loro.
Quando furono un po’ più tranquilli, la madre disse a Surya Bai:
«Raccontaci, cara figlia, come è trascorsa la tua vita da quando ti abbiamo persa la prima volta».
E Surya Bai continuò:
«Le vecchie Aquile mi portarono via nella loro casa, e lì ho vissuto felicemente molti anni. Amavano portarmi tutte le cose belle che potevano trovare, e infine un giorno andarono entrambe a prendermi un anello di diamanti dal Mar Rosso, ma mentre erano via il fuoco si spense nel nido: così andai nella capanna di una vecchia e mi feci dare del fuoco, e il giorno dopo (non so come accadde), mentre stavo aprendo la porta esterna del nido, una cosa appuntita, che vi era incastrata, mi penetrò nella mano e caddi a terra priva di sensi.
«Non so per quanto tempo rimasi lì, ma quando mi ripresi, pensai che le Aquile fossero tornate e mi avessero creduta morta, quindi se ne fossero andate, perché l’anello di diamanti era al mio mignolo. Molte persone vegliavano su di me, e tra loro c’era un Rajah, che mi chiese di andare a casa con lui e di essere sua moglie, e mi portò a palazzo, e io ero la sua Ranee.
«Ma l’altra sua moglie, la prima Ranee, mi odiava, perché era gelosa, e voleva uccidermi, e un giorno realizzò il suo scopo spingendomi nella vasca in giardino, perché ero giovane e sciocca, e trascurai gli avvertimenti della mia fedele vecchia cameriera, che mi pregava di non avvicinarmi a quel posto. Ah! Se solo avessi ascoltato le sue parole, sarei stata ancora felice».
A queste parole la vecchia cameriera, che era stata seduta in disparte, si precipitò in avanti e baciò i piedi di Surya Bai, gridando:
«Ah, mia signora, mia signora, finalmente vi ho trovata!» e, senza fermarsi ad ascoltare altro, corse a palazzo per dare la lieta notizia al Rajah.
Poi Surya Bai raccontò che non era morta del tutto nella vasca, ma era diventata un girasole, e che la prima Ranee, vedendo quanto il Rajah fosse affezionato a quel fiore, l’aveva fatto tagliare e bruciare, e poi che era risorta dalle ceneri del girasole sotto forma di albero di mango; e che quando l’albero fiorì tutto il suo spirito andò nel piccolo fiore di mango, e concluse dicendo:
«E quando il fiore divenne frutto, non so per quale impulso irresistibile fui indotta a gettarmi nel tuo bidone del latte. Madre, era il mio destino, e non appena mi hai accolto in casa tua, ho cominciato a recuperare la mia forma umana».
«Perché allora», chiesero i fratelli e le sorelle, «perché non dici al Rajah che sei viva e che sei la Ranee Surya Bai?»
«Ahimè», rispose lei, «non potrei farlo. Chi sa non che possa essere influenzato dalla prima Ranee e desiderare la mia morte. Lasciami piuttosto essere povera come te, ma al sicuro dal pericolo».
Allora la madre esclamò:
«Oh, che donna stupida che sono! Un giorno il Rajah venne a cercarti qui, ma io, tuo padre e i tuoi fratelli lo scacciammo, perché non sapevamo che tu fossi davvero la Ranee perduta».
Mentre pronunciava queste parole, si sentì in lontananza un rumore di zoccoli di cavallo e apparve il Rajah in persona, che aveva ricevuto dalla vecchia cameriera la buona notizia del ritrovamento di Surya Bai.
È impossibile dire la gioia del Rajah nel ritrovare la moglie perduta da tempo, ma non fu più grande di quella di Surya Bai nell’essere tornata dal marito.
Allora il Rajah si rivolse alla vecchia lattaia e disse:
«Vecchia, non mi hai detto la verità, perché era proprio mia moglie quella che era nella tua capanna».
«Sì, Protettore dei Poveri», rispose la vecchia lattaia, «ma era anche mia figlia».
Allora gli raccontarono che Surya Bai era la figlia della lattaia.
All’udire questo, il Rajah ordinò a tutti loro di tornare con lui a palazzo. Diede al padre di Surya Bai un villaggio e un titolo nobiliare a lui e alla famiglia, poi disse alla vecchia cameriera di Surya Bai:
«Per il buon servizio che hai reso, sarai la governante del palazzo» e le donò grandi ricchezze, aggiungendo: «Non potrò mai ripagare il debito che ho nei tuoi confronti, né ricompensarti a sufficienza per averti fatto mettere ingiustamente in prigione».
Ma lei rispose:
«Sire, anche nella vostra ira siete stato temperante, se mi aveste fatto mettere a morte, come alcuni avrebbero fatto, non vi sarebbe toccato tutto questo bene: è voi stesso che dovete ringraziare».
La malvagia prima Ranee fu gettata per il resto della vita nella prigione in cui era stato rinchiusa la vecchia cameriera, e Surya Bai visse felicemente con il marito per il resto dei suoi giorni, e in ricordo delle sue avventure, egli piantò intorno al palazzo una siepe di girasoli e un boschetto di alberi di mango.


Testo originale in:
https://www.gutenberg.org/files/19461/19461-h/19461-h.htm#Little_Surya_Bai

Immagini in:
https://mflibra.com/products/1868-first-edition-book-old-deccan-days-hindoo-fairy-tales-legends-southern-india?variant=32041106145416
https://www.sacred-texts.com/hin/odd/odd10.htm

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