leggende – L’IDOLO E LA BALENA

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Leggenda dal Giappone

Tradotta da Dario55

L’IDOLO E LA BALENA

Dai tacchi alle dita i due piedi dell’uomo sono della stessa lunghezza e così per tutte le creature animali. Si potrebbe pensare che nel misurare il metallo e nel prendere la lunghezza della stoffa i piedi di un metro per misurare siano uguali. Invece no! In Giappone non lo sono. Quando si va a fare la spesa e comprare stoffa o prodotti morbidi, si trova utilizzato il “piede di balena”. Se invece si va ad acquistare legname o a una cava di pietra, o si vede misurare qualcosa di rigido, il venditore tira fuori il suo “piede di metallo” e segna la lunghezza. Ci sono due pollici di differenza, ma perché?
Per scoprirlo, dobbiamo andare a Kamakura.
L’antica immagine di Buddha che si è stagliata sotto il sole e la pioggia per settecento anni potrebbe dirvelo, se potesse aprire le sue labbra metalliche. Si tratta della statua di bronzo più alta del mondo, con gli occhi d’oro puro, e una grande sporgenza d’argento sulla fronte simile alla luna piena, e ha ottocento grandi riccioli sulla testa. Sono le lumache che si sono gentilmente arrotolate sulla testa di Buddha quando pensando troppo, sotto il caldo sole dell’India, rischiava di essere colpito da un colpo di sole.
Quando il grande generale Yoritomo, dopo lunghe guerre, ridiede la pace al Giappone, fondò la città di Kamakura. Per attirare i pellegrini nella nuova capitale ordinò che nella sua capitale fosse innalzata la più grande immagine di Buddha di tutto il Giappone. Una volta terminata, la figura seduta svettava nell’aria di una cinquantina di metri. Aveva una circonferenza di trenta metri, il suo viso era alto due metri e mezzo, la larghezza tra le orecchie era di oltre cinque metri e da un ginocchio all’altro misurava undici metri. I pollici avevano un metro di corconferenza. Sopra di esso fu edificato un grandioso tempio, le cui colonne di legno di canfora furono ricoperte d’oro.
La fama di un’immagine così colossale si diffuse ben presto in tutto l’impero. Migliaia di pellegrini cominciarono a recarsi a vedere quella meraviglia, fino a quando d’estate le strade furano bianche di pellegrini. Anche i marinai sul mare chiacchierarono a riguardo e i pescatori, mentre piegavano le reti, ne facevano argomento dei loro discorsi. Tutti erano d’accordo sul fatto che l’idolo di Kamakura era la cosa più grande in terra, nel mare e nell’aria.
Ora c’era una grande balena bianca che viveva nel Mare del Nord e si vantava di essere la cosa più grande nel mare e molto più grande di qualsiasi altro essere vivente sulla terraferma. All’inizio rideva dell’idea che uomini gracili avessero fatto un’immagine simile a loro, che potesse competere con lei per dimensioni. Non ci voleva credere, ma quando seppre dei grandi pellegrinaggi e di come le casse dei sacerdoti si riempivano dei soldi dei visitatori ammirati, ne fu turbata e preoccupata. Giorno dopo giorno le flotte di navi si moltiplicavano sull’oceano, navigando proprio sopra la sua testa. Erano cariche di persone piegate per vedere gli occhi d’oro di Buddha. Tutte le balene più piccole e i pesci di ogni razza le riferivano che la gente non parlava d’altro. Ognuno lodava la bellezza ed esaltava la vastità di questa grande meraviglia nel Paese Eterno dalle Pacifiche Coste.
La grande Balena quasi impazzì al pensiero di essere più piccola di un’immagine fatta dagli uomini. Inquieta e sbuffante batteva tutto intorno con la coda, provocando una grande confusione, e si sollevava sulla superficie per soffiare il doppio del solito. Ora gelosa, ora indignata, ora invece arrabbiata sembrava una creatura completamente diversa dalla gentile balena del passato. Tutti i pesci si tenevano alla larga. Sola e miserabile, la sua preoccupazione cresceva. Infine, non riuscendo più a dormire e a mangiare, chiamò lo Squalo e lo interrogò:
«È possibile che un piccolo uomo possa sollevare una montagna di rame e farla assomigliere se stesso?» chiese sua Maestà Bianca.
«Ebbene, sire, migliaia di loro insieme potrebbero riuscire a fare quello che un solo uomo non potrebbe fare. Io stesso vorrei vedere il grande Buddha di cui tutti stanno parlando».
«Vai dunque», disse la balena bianca, «recati nel Mare del Sud e scopri se questo famoso idolo è grande quanto me. Assicurati di riferirmi un resoconto veritiero».
Lo Squalo partì e dopo aver nuotato giorni e notti giunse al largo della costa. Purtroppo la grande immagine era a mezzo miglio nell’entroterra, e gli squali non possono camminare! Nuotò intorno con attenzione alla ricerca di una qualche creatura con le ali o le gambe che gli facesse da messaggero per andare a misurare il poderoso simulacro. Vedendo una giunca ancorata vicino alla spiaggia, si avvicinò nuotando con cautela. Era il primo pomeriggio di una giornata calda, e ogni uomo a bordo era addormentato, perché era il momento del sonnellino pomeridiano. Lo Squalo smise di preoccuparsi degli arpioni e non ebbe più paura che il suo corpo fosse tagliato a pezzi e messo in vendita nelle pescherie il giorno dopo. Ma come fare per il suo messaggero?
Per sua fortuna un ratto, che la calma pomeridiana aveva attirato dal ponte inferiore, correva lungo la parte bassa della murata. Nessuno si era mai rivolto a lui gentilmenre fino ad allora, e fu molto contento quando lo Squalo – a voce bassa e gentile, per non svegliare i marinai – lo chiamò sporgendosi fuori dall’acqua:
«Signor Topo, vorrei che mi aiutaste. Lo farete?».
Il Ratto fu oltremodo lusingato che qualcuno si rivolgesse così a lui, e si domandò come potesse essere utile a un pesce così grande. Tuttavia si tenne a distanza, perché aveva sentito parlare del pesce gatto e non voleva correre il rischio di essere inghiottito. Inoltre aveva ascoltato i marinai che parlavano di persone con “voce di gatto” che significava coloro che sapevano come ottenere le cose con moine o lusinghe. Per questo era prudente.
Poi in tono basso lo Squalo spiegò al Ratto quello per cui era venuto. Era un onore servire sua Maestà Balena in quanto era la cosa più grande del mondo, e conoscere esattamente le dimensioni del famoso idolo avrebbe potuto salvarle la vita, o almeno la salute.
«Il Signor Ratto sarebbe così gentile da andare a misurarlo?» concluse.
«Volentieri», disse il Ratto, sentendosi molto onorato di servire la signora dell’oceano e il suo primo ministro.
Così alla prima occasione il Ratto sbarcò a terra. Teneva gli occhi bene aperti per paura dei gatti, che i giapponesi chiamano “assassini di ratti”. Corse il più velocemente possibile verso il tempio che racchiudeva il simulacro. Appena fu dentro al sicuro, riprese fiato pensando a cosa fare.
A dire il vero, il Ratto stesso era stupito delle dimensioni di quel simulacro. “È davvero una montagna di metallo”, pensò. “Ma come faccio a misurare un oggetto così enorme?” Mentre rifletteva, l’incenso lo fece quasi starnutire. Aveva paura che succedesse, perché un gatto poteva essere nei dintorni e afferrarlo. Improvvisamente gli venne un’idea brillante. Camminò intorno alla statua e contando i suoi passi, si accorse di averne percorsi cinquemila. Poi tornò indietro e risalì sula giunca arrampicandosi lungo il cavo dell’ancora e riferì allo Squalo tutto quello che aveva visto dandogli la misura della statua.
Ringraziando di cuore il suo piccolo amico, lo Squalo si volse verso il mare aperto sollevando uno spruzzo che risvegliò i marinai dai loro sonnellini. Uno di loro corse a prendere un arpione, ma era troppo tardi. Ormai lo Squalo era fuori portata Arrivando in quella parte del Mare del Nord dove soffiava la balena, raccontò tutta la storia. Tutte le notizie sulle dimensioni dell’idolo erano vere e la circonferenza del suo piedistallo era di cinquemila passi.
Sconvolta dalla gelosia e incapace di credere alla storia, la Balena decise di vedere di persona. Indossando i suoi stivali magici che le permettevano di viaggiare via terra raggiunse il tempio di Kamakura di notte, quando tutti gli uomini erano a letto, e bussò alla porta.
«Entra!» risuonò come una grande campana la voce del Buddha.
«Non posso», gemette la Balena.
«Perché no?»
«Perché sono troppo grande».
«Chi sei?»
«Sono la grande Balena bianca del Mare del Nord».
«Cosa vuoi?»
«Voglio vedere se sei più grande di me. Non posso entrare da te, quindi ti prego, vieni tu fuori da me».

Apostrofato con tanto rispetto, l’idolo scese dal suo piedistallo e si presentò all’esterno del tempio. La Balena fu così sopraffatta che tremava e sbatteva la testa sulla terra con profonda venerazione. Ora credeva che tutto ciò che aveva sentito era vero. Dal canto suo il Buddha rimase sbalordito dalla mole prodigiosa della Balena.
A questo punto il capo dei sacerdoti e guardiano del tempio era sveglio e in piedi. Fu molto spaventato nel trovare il piedistallo vuoto, ma ascoltando la conversazione e invitato sia dall’idolo che dalla balena a prendere le loro misure, afferrò il rosario e cominciò a misurare. Ognuno guardava l’altro con occhio geloso, ma la Balena, con sua grande soddisfazione, scoprì di essere cinque centimetri più lunga e più alta del suo rivale.
Questo risoòveva il problema. Senza nemmeno ringraziare l’idolo o il sacerdote per il disturbo che aveva procurato, si voltò, scivolò nell’acqua e ben presto schizzò fuori trionfante nel grande Mare del Nord. L’idolo tornò tranquillamente sul suo piedistallo, e per quanto riguarda il sacerdote, quando il giorno seguente raccontò la sua storia, sia i suoi confratelli che la gente dichiararono che doveva aver sognato.
Tuttavia, l’uomo dell’emporio e il commerciante di legno e ferro non si misero d’accordo su quale fosse la lunghezza di un piede, e lo calcolarono diversamente. Ancora oggi il “piede di balena” è cinque centimetri più lungo del “piede di metallo”.


NOTE
Testo originale in:
http://www.mainlesson.com/display.php?author=griffis&book=oldjapan&story=whale&PHPSESSID=17f9886784c16e71cf446b1d50852778

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